Mentre leggevo sull’illustrazione naturalistica per un laboratorio di Aula Verde Lab, scopro il Codice Dioscorideo, la più antica copia illustrata dell’opera De materia medica, di Dioscoride di Anazarbo, medico e botanico greco vissuto nel I sec d.C, ai tempi della Roma di Nerone. La copia, conservata a Vienna, è giudicata come un capolavoro della miniatura del VI sec. Il codice è anche chiamato Codex Aniciae Julianae, della quale, nel foglio 6, c’è anche la sua immagine.

Del disegno naturalistico mi dimentico all’istante e subito cerco di scoprire chi era costei, sconosciuta alla massa, eppure dal lignaggio importante, dato il Codice a lei dedicato.

Leggo in giro e ovviamente trovo un libro, perché c’è sempre il libro giusto per qualsiasi momento, giusto o sbagliato.

Giuliana, la Committente, di Carmelo Capizzi, Jaca Book, prima edizione 1996 è un tentativo di fare ricerche, di raggruppare notizie e dati per scoprire e tracciare il profilo di questa donna dimenticata dalla storia.

Leggo piano, con gli occhi doloranti da covid (ebbene si, dopo due anni e mezzo ho dovuto cedervi anche io) e scopro qualcosa di lei, che si chiama come me.

Anicia Giuliana era una principessa bizantina della nobile Gens Anicia, appartenente all’ultima dinastia dei Cesari di Roma e Costantinopoli, i Valentiniani Teodosiani.

Nata a Costantinopoli nel 463, erede di nobili ascendenze sia da parte di madre che da parte di padre, ebbe un’educazione raffinata e un’istruzione seria, viveva in un lusso brillante ma sobrio. Era una donna lucida, operosa, equilibrata nei confronti di uomini e cose, riflessiva ma impegnata per la pace e per l’arte, attenta al mondo, aveva un senso profondo della caducità dell’uomo e delle sue presunte grandezze, molto religiosa, si dedicò alla beneficienza e all’edilizia sacra.

Morì nel 528, “dopo aver riempito Costantinopoli dei suoi benefici e della sua magnificenza“.

Quale coro sarebbe capace di cantare le opere di Giuliana? Dopo Costantino, che ornò così bene la sua Roma, dopo la santa e aurea luce di Teodosio, dopo una così lunga serie d’antenati imperiali, non ha essa compiuto un’opera sublime, degna della sua stirpe e in pochi anni? Non ha essa vinto da sola il tempo e sorpassato la saggezza del tanto celebre Salomone, elevando un tempio, dimora di Dio, il cui meraviglioso splendore non può essere celebrato neppure da un lungo secolo?

Oggi quel tempio, San Polieucto a Costantinopoli, non esiste più, restano solo dei ruderi.

A memoria restano le parole, e un nome.

In genere, quando mi chiedono il cognome non lo capiscono mai (Titti, Pippi, Tippi…) e allora preciso sempre “Pitti, come il palazzo di Firenze” (volo bassa, insomma :-)).

Da oggi preciserò anche il nome: “Giuliana, come la principessa bizantina”.

🙂

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