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Il ghiottone errante è un libro che proprio non dimostra gli anni che ha, è uscito per la prima volta nel 1935 per raccogliere gli articoli che il giornalista Paolo Monelli ha scritto in un viaggio enogastronomico in giro per l’Italia.

I racconti sono un ricercato e riuscito tentativo di esaltare quell’atmosfera tipica delle osterie, delle piccole realtà, dove i cibi e i vini sono espressione del territorio, ad esso indissolubilmente legati, ma quel viaggio aveva anche l’obiettivo della ricerca di quella italiana “cucina fina, raffinatissima, di aristocratiche tradizioni, di geniale modernità”.

La descrizione dei cibi è molto dettagliata, come dettagliata è la descrizione delle corrispondenti sensazioni di assaggio, cosa che appare molto all’avanguardia, dato che a tutt’oggi non c’è quella attenzione e consapevolezza qualitativa nel mangiare e nel bere.

Certo non è indicata la lettura de Il ghiottone errante nei momenti in cui si avverte un certo languorino e nulla di buono da mangiare a disposizione, è un libro che fa venire fame, ma non una fame generica, piuttosto la fame selettiva di cibi qualitativamente superiori, come forse solo in Italia abbiamo.

A questo proposito la vicenda dell’acqua di Montecatini è indimenticabile.

L’autore, insieme all’illustratore Giuseppe Novello, oggetto da parte di Monelli di parecchie divertenti scherni e prese in giro data la sua natura di astemio nonché inappetente e schizzinoso, arriva come ultima tappa proprio a Montecatini, scopre che li c’è un’acqua miracolosa a cui si rivolgono donne e uomini grassi e piuttosto brutti. In un attimo Monelli si vede come loro dopo questo lungo giro gastronomico, ma poi riflette che “Questi dolenti pagano il fio di aver mangiato male e disordinatamente; non sono stati mai buongustai, sì bene ghiottoni e ingordi… Non la buona tavola o il vino sincero gli hanno mandati a queste risciacquature; ma l’ingurgitare alla peggio, il rimpinzarsi senza discernimento, e insieme la vita sedentaria, l’odio per ogni sforzo. Non me la danno ad intendere; dal modo come costoro bevono quest’acqua, m’avvedo che sono per il cinquanta per cento astemi. Queste son pance da mangiatori di triple porzioni, non da raffinati che assaporano con saggezza varie portate”.

E a proposito di astemi.

E’ un libro anche molto divertente per il modo in cui l’autore ironizza sugli astemi (fa ridere soprattutto me che lo ero fino a pochi anni fa e ora sono finita nel bel mezzo di un corso per sommelier):

Gran stupidi siamo stati ad esser rimasti astemi fino a adesso!”.

Ricordati che i dittatori che hanno scatenato questa guerra erano astemi, tutti e due, e se ne vantavano”.

Chi dice con goffa prosopopea ‘a me il vino non piace’ guardiamolo come si guarda un malato, con compassione”.

Io sono nato due volte” dice l’amico modenese che sopraintende alle diciassette cantine sociali “quando venni alla luce e quando cessai di essere astemio”.

La degustazione, dunque, è un’arte che aumenta la qualità della vita, perciò cominciamo questo viaggio e ricordiamoci sempre di “non lasciarci come le bestie”, ma bevendoci sopra ancora una volta.

Giuliana

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