
Quel che ci raccontano è che il giorno che sei nato tu io cadevo dal passeggino, poche croste dimenticate nei pochi giorni dell’ospedale che ti facevi da neonato.
Quel che io immagino è che quando tu iniziavi la vita nella tua famiglia, io alla mia famiglia cominciavo a sorridere, con convinzione inconscia che difficoltà ci sarebbero state ma la gioia e la fortuna le avrebbero compensate.
Quel che ci raccontano è che tu crescevi timido e riservato e che ogni tanto ci incontravamo e almeno io non sono sicura che insieme giocavamo bene, non fosse stato per quell’amico comune, appassionato a te, nato con me, che fotografa mentre io scrivo.
Quel che ricordo io del nostro primo giorno di scuola è che piangevi e volevi tornare a casa, mentre io ero felice di quella condivisione del tempo in forma evoluta, facevo già le prove di empatia cercando di capire i motivi della tua disperazione in quel luogo accogliente e allegro.
Quel che constatiamo è che il tempo si è divertito, rendendo te sempre più solare e allegro in compagnia e facendo di me un lupo solitario restio alla compagnia.
Quel che ricordiamo è che eravamo amici, ma non troppo, che ci incontravamo, ma non spesso.
Quel che ci torna in mente come del tutto naturale è che l’anno di nascita ci tenne uniti, come le feste di compleanno, i capodanni, i giorni d’estate in piscina, i pomeriggi di primavera sul prato, l’epoca di un embrione di comitiva aggiunsero pezzetti di conoscenza e affetto, sia pure diversi fossero i binari su cui i nostri treni viaggiavano spediti.
Quel che ci torna in mente con emozione è la quercia che stava silenziosamente a guardare.
Quel che non sospettavamo è che le nostre anime in formazione nascoste dietro la tua maglia a righe e la mia fucsia, erano quasi pronte a cominciare.
Quel che pensavamo non era che stava nascendo un amore, ma solo un bocciolo di fiore che sa incantare al suo massimo splendore, ma non sa resistere al tempo tiranno.
Quel che non consideriamo esistito è quel tempo lontani, un tempo che in realtà ci ha avvicinato.
Quel che ci unisce per sempre è lo sguardo verde smeraldo profondo di una bimba sensibile e riservata, è lo sguardo azzurro di un bimbo allegro e socievole.
È la gioia che loro pretendono da noi, è l’impegno delle nostre notti in bianco, è lo sguardo silenzioso, nascosto dietro ad un sorriso, è il risveglio delle mattine sullo stesso letto, è il dolce chiamare mamma e papà, è il determinato voler esserci al loro richiamo, è il loro riso tra le onde, le difficoltà che dovranno affrontare e i mezzi che noi daremo loro non solo per non affondare, ma per credere di volare, è la difficoltà di restare noi stessi, in quattro.
Sono i due anelli della catena che ha congelato il ricordo di una quercia e che rende eterno l’amore.
Non l’avevo ancora letta. Che dire, semplicemente splendida! La più bella lettera d’amore che abbia mai letto.
Grazie 🙂
Felici Feste, Antonella!