La lettura di “Come Proust può cambiarvi la vita”, di Alain De Botton, è un viaggio intrigante attraverso l’opera e la vita di Marcel Proust, lo scrittore generoso, sempre malaticcio e profondo conoscitore dell’animo umano.
Il padre di Marcel, Adrien, era un chirurgo di fama mondiale che salvava vite.
Vuoi che il giovane letterato Marcel abbia voluto tentare la stessa strada di guarigione dell’anima con i suoi sette volumi de “La ricerca del tempo perduto?”.
Iniziai a leggere, qualche secolo fa, “Dalla parte di Swann”, ma non capii granché, solo mi servì a fare bella figura a un colloquio di lavoro: quando l’esaminatore, cavillando su ciò che avevo scritto nel curriculum, mi chiese sarcastico e saccente: “Ah, così a lei piace leggere? E sentiamo, cos’è che sta leggendo attualmente?”.
Il primo volume di “Alla ricerca del tempo perduto” di Marcel Proust, e quello si zittii, perché Proust incute timore, così imparai.
Feci bella figura, ma non ebbi quel lavoro (per fortuna, posso dire ora, era un lavoro troppo schematico e privo di creatività).
Proust dunque è il mio portafortuna, pur non avendolo letto (figuriamoci leggendolo quel che può accadere!).
Così, per caso, anche se il caso non esiste, salta dagli scaffali di una libreria direttamente tra le mie mani, questo libro “Come Proust può cambiarvi la vita”, che mi suggerisce che è tempo di cercare il tempo perduto.
Leggendo il libro di De Botton, giovane scrittore svizzero, mi trovo di fronte ad una analisi puntuale, a tratti ironica e divertente, dell’opera di Proust.
La domanda che mi pongo è la stessa: vuoi che Proust avesse intenzione di lenire i mali dell’anima?
Leggere Proust è un ottimo metodo di evasione: le lunghe frasi proustiane richiedono una concentrazione notevole, mentre noi siamo alle prese con la frase più lunga che si trova nel quinto volume, che, “se sistemata su una sola riga di una pagina formato standard, continuerebbe per poco meno di quattro metri e farebbe il giro della base di una bottiglia di vino per ben diciassette volte“, in questo frattempo se il mondo va a rotoli noi siamo esterni a ciò, noi ci salviamo.
Leggere Proust fa provare di frequente la gioia di rivedere persone conosciute (secondo l’idea proustiana che i tipi umani non sono infiniti e leggendo ci si trova di fronte a qualcuno che ha tratti simili a chi conosciamo o magari amiamo).
Leggere Proust ci aiuta a capire noi stessi. Proust stesso affermava: “Ogni lettore, quando legge, è il lettore di se stesso. L’opera è solo una sorta di strumento ottico che lo scrittore offre al lettore per consentirgli di scoprire ciò che forse, senza il libro, non avrebbe visto in se stesso. Il riconoscimento dentro di sé, da parte del lettore, di ciò che il libro dice, è la prova della sua verità“. Tutta la teoria della libroterapia o bookcounseling racchiusa in una frase.
Leggere Proust non ci fa sentire soli, ci fa sentire a casa, perché nella lettura di Proust (o anche di Omero, suggerisce l’autore) mondi che in teoria sono totalmente estranei a noi, in realtà li conosciamo bene e ci appaiono molto simili al nostro mondo.
Leggere Proust migliora le nostre capacità di osservazione, a volte gli scrittori sanno fare delle descrizioni di cose, eventi, situazioni, persone, molto meglio di come sapremmo fare noi e ci aiutano a scoprire percezioni che riconosciamo come nostre, ma che non avremmo saputo cogliere da soli.
Leggere Proust è un ottimo esercizio per incrementare la fantasia, non dimentichiamoci che Proust amava moltissimo leggere l’orario dei treni, i nomi delle stazioni di provincia fornivano il materiale per costruire universi narrativi. drammi familiari, villaggi rurali, storie della vita nei campi.
Leggere Proust ci fa amare i luoghi in cui viviamo, che forse ci appaiono banali, ma Proust ci insegna che la bellezza di una città dipende dal modo in cui la si guarda (e posso dire che questa verità è tutta dentro Archeofantasia, mio malgrado).
Leggere Proust ci offre l’occasione per rallentare e vivere il mondo con la calma necessaria per raccontarlo.
Ci sono, tuttavia, alcune controindicazioni.
“Poiché i libri ci aiutano a diventare consapevoli di certi nostri sentimenti, Proust riconobbe la facilità con cui saremmo tentati di lasciare interamente a questi oggetti il compito di interpretare il senso della nostra vita.”
Occorre dunque leggere con prudenza, moderatamente se possibile, “senza lasciare che la nostra autonomia mentale e sentimentale ne risulti soffocata“, non dunque come Virginia Woolf che veniva inibita dal leggere quella che lei considerava la scrittura perfetta: leggere Proust inibiva la sua creatività, tanto che per ricominciare a scrivere dovette abbandonare la lettura della “Ricerca”.
Ad un certo punto dobbiamo mettere da parte i libri, anche i più belli perché “la lettura si arresta alle soglie della vita spirituale: può introdurci in essa ma non la costituisce“. Lo diceva Marcel Proust.
Attualmente io sono “Dalla parte di Swann“, ovviamente.
Ho scoperto che De Bottom ha ragione ed anche che “Proust richiede un’attenzione ferrea e una disciplina incrollabile”.
Per saperne di più cliccate sul titolo in celeste e, se avete voglia, diteci nei commenti cosa ne pensate voi di Proust!